Giancarlo Merli il 13 Luglio 2022 (“Diritti Globali” a cura della Società Informazione) riporta una analisi drammatica riferita alla questione abitativa in Italia, l’Autore scrive:

“Il disagio abitativo va inserito nel quadro generale dell’aumento di disuguaglianze, povertà e lavoro povero fotografato dai rapporti annuali pubblicati nei giorni scorsi da Istat e Inps. Nel primo si vede come la povertà assoluta delle famiglie sia schizzata dal 3,3% del 2005 al 9,4% del 2021. Per gli individui è passato, nel medesimo periodo, dal 3,6% al 7,5%. Entrambi i dati sono in linea con il 2020, ma indicano che 5,6 milioni di persone non riescono a far fronte alle esigenze quotidiane: sono triplicate in 16 anni. Su 2 milioni di famiglie in povertà assoluta, il 45% vive in affitto: sono 900mila. L’Inps, invece, ha rilevato che il 28% dei lavoratori, 4,3 milioni di individui, guadagna meno di 780 euro. Cioè la soglia massima prevista dal reddito di cittadinanza. Intanto un pensionato su tre percepisce meno di mille euro al mese: sono altri 5 milioni di persone.

Il rimbalzo del 2021 non riguarda solo il +6,5% del Pil ma anche le percentuali a doppie cifre degli sfratti.

I dati sono del Ministero degli Interni e diffusi dall’Unione inquilini (Ui).

Rispetto al 2020 dicono: +80,97% di sfratti eseguiti con la forza pubblica (9.537), +45,39% di richieste di esecuzione forzata (33.208), +20% di nuove sentenze (38.163).

Sono numeri allarmanti. Dal primo luglio sono ricominciati quelli per morosità, a eccezione delle sentenze luglio/dicembre 2020. Sono questi gli sfratti che pesano di più: il fatto che per l’anno scorso riguardino solo il secondo semestre è un ulteriore segnale d’allarme per il 2022 e il 2023 quando l’onda può diventare tsunami. Anche perché le statistiche dicono che le tendenze di lungo periodo hanno poco a che fare con l’eccezionalità pandemica.

Al contrario mostrano l’incapacità del libero mercato di garantire a tutti il diritto fondamentale a un tetto e la storica inadeguatezza delle politiche pubbliche nella tutela delle fasce più deboli. Lo conferma, anche per il 2021, l’incidenza delle sentenze di sfratto per morosità: sono l’85% delle sentenze totali (32.083). Nella stragrande maggioranza dei casi chi non paga l’affitto non lo fa per scelta, ma per impossibilità economica.”

A tutto ciò necessita aggiungere i dati riferiti agli sfratti per finita locazione (con impossibilità alla ricollocazione dei nuclei disagiati), sgomberi dei campi nomadi e non solo (senza alcun progetto di ricollocazione), inidoneità abitativa (in particolare nuclei stranieri…) e il dramma, nel dramma, delle migliaia di persone senza fissa dimora che abitano i “vuoti urbani” e le nostre città.

Senza dimenticare, migliaia di nuclei sottoposti ai pignoramenti della prima casa, che sta ampliando il mercato speculativo finanziario e immobiliare e ai 650.000 nuclei in attesa nelle graduatorie generali per l’assegnazione di una casa popolare, di cui hanno diritto.

Un indicatore utile a misurare il disagio abitativo è l’esplosione delle richieste di accesso al ‘Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione’ presso il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims), che prevede 330 milioni di euro per il 2022.

Il quadro delineato da Giancarlo Merli, ci rimanda alla questione fondamentale: quale politica abitativa pubblica è in campo per fronteggiare la povertà abitativa, che si manifesta, non solo nella perdita della casa, ma anche nella “qualità dell’abitare”?

Per rispondere a tale quesito, necessita dare uno sguardo a quanto accade nella cassaforte dello Stato, ovvero la Cassa depositi e prestiti e al tanto decantato PNRR., veniamo alla CdP:

Il 27.6.2022 il Corriere della Sera ha pubblicato un dettagliato articolo dal titolo “Mattone di Stato – Il risveglio con reti e digitale” prodotto da Carlo Cinelli e Alessandra Puato, dove si spiega come verrà riorganizzato il settore immobiliare della CdP.

La massa finanziaria interessata al processo è rilevante, si passa dai 3 mld di euro attuali ai 5 mld dopo il riassetto, tralascio tutti i dettagli organizzativi della ristrutturazione societaria per soffermarmi su una questione, per noi fondamentale: quali sono le strategie operative del nuovo gruppo?

Da quanto si evince le priorità degli interventi sono tre: housing sociale (in concorso con le fondazioni bancarie), studentati e turismo.

Nell’intervista lo stesso direttore immobiliare Cdp e ceo di Cdp immobiliare sgr, Giancarlo Scotti fa riferimento al “fondo per l’abitare che attraverso l’impiego di CAPITALI PAZIENTI PER CIRCA 2 MLD, HA ATTIVATO PARTNERSHIP CON 9 SGR E PER INVESTIMENTI COMPLESSIVI DI 3 MLD, oltre a 500 ml da acquisire con ulteriori investimenti derivanti da fondi di fondi”.

A questo punto, scatta d’istinto una domanda: in quei 2 mld circa di capitali pazienti citati da Scotti, sono ricompresi i famosi fondi residui pari a 970ml ex GESCAL versati dai lavoratori per l’edilizia popolare di cui si parla da tempo e rintracciati sul conto corrente 28128 di Cassa Depositi e Prestiti, che sono stati al centro di sentenze della Corte Costituzionale che stabiliva la non disponibilità per fini diversi?

Fondi, giustamente, oggetto di interpellanze parlamentari e di inchieste specifiche da parte di molti organi di stampa e rivendicati da Unioni Inquilini e non solo, a fronte della carenza di offerta abitativa pubblica utile a dare risposta alla contraddizione oramai dilagante di “case senza famiglie” e “famiglie senza case”.

Da quanto si è evidenziato, in sintesi, non esiste nella programmazione degli interventi della Cassa depositi e prestiti alcun riferimento a un piano di edilizia popolare, nonostante che nella sua pancia sono presenti centinaia di milioni di euro finalizzati a tale scopo, all’opposto, si prosegue, da parte degli EE.PP al piano di alienazione del patrimonio pubblico esistente.

I soggetti di riferimenti per questo carrozzone sono le fondazioni bancarie e tutti quei soggetti del mercato privato (fondi dei fondi) impegnati nella grande speculazione fondiaria.

Nel convegno sulle politiche abitative organizzato dall’associazione “Volere la Luna” tenutosi a novembre dell’anno scorso sulle politiche abitative a Torino è partita la denuncia, unitamente ad altre organizzazioni, anche sindacali che continuano a fare ricerca sul problema, la presenza di quantità ingenti di appartamenti di proprietà di grossi gruppi, spesso acquisiti da mutui in sofferenza, che non vengono affittati, né venduti, questi verrebbero utilizzati come garanzia patrimoniale per operazioni finanziarie speculative e tra l’altro con un forte condizionamento  sia il mercato immobiliare che il prezzo degli affitti.

A tal proposito, inoltre, è utile segnalare che in Italia sono presenti, centinaia di migliaia di alloggi non utilizzati per gli scopi per cui sono stati autorizzati (abitativo), ma vengono oramai messi sul mercato per fini diversi (v. affitti brevi, B&B, ecc.), restringendo il mercato degli affitti per uso abitativo, con conseguente aumento degli affitti (anche concordati).

Ma non solo, Massimo Pasquini (U.I.) denuncia: “Il governo e il parlamento stanno per approvare l’ultima indecenza che consentirà ai proprietari di avere mano libera nei contratti agevolati, transitori e per studenti senza più alcuna forma di controllo. I proprietari saranno autorizzati a fare qualsiasi contratto e ad accedere ad enormi agevolazioni fiscali anche per i contratti agevolati come oggi è già per i contratti a libero mercato senza alcuna forma di controllo. Autorizzate da parte dei proprietari le truffe fiscali nei contratti di locazione agevolati nei confronti dello Stato. È solo l’ultima indecenza di un governo e di un parlamento che degli inquilini decide di farne agnelli sacrificali al mercato.”

Molto netto è “l’Osservatorio nazionale sulle politiche abitative e rigenerazione urbana” nel documento “Rilanciare le politiche pubbliche per l’abitare”, presentato al Cnel (oggetto del convegno nazionale tenuto a Roma il 14 luglio 2022 “Rilanciare le politiche pubbliche per l’abitare. Un impegno non più rinviabile”), sottolinea “Le politiche per l’abitare non possono poi non includere un’azione espressamente rivolta al mercato dell’affitto privato che – si evidenzia – per effetto della liberalizzazione intervenuta in via definitiva con la legge 431/98 e della scarsità di alloggi di edilizia pubblica o a canoni sociali, produce costantemente nuova povertà ed emarginazione sociale. La proposta contenuta nel documento è assai pragmatica e si basa sulla valorizzazione e diffusione della contrattazione sindacale e sulla eliminazione della cedolare secca sui canoni a libero mercato, assieme al rafforzamento degli altri due istituti previsti dalla legge 431 (fondo affitti e fondo morosità incolpevole)”.

In primo piano nel documento si chiede “il rilancio dell’Edilizia Residenziale Pubblica con un programma pluriennale, che possa sanare una carenza che le stime più accreditate indicano in 500 mila alloggi”.

“Il patrimonio abitativo pubblico esistente – come noto estremamente esiguo, il 4% del numero totale di abitazioni rispetto a valori quattro volte superiori in Francia o in Gran Bretagna – soddisfa solo una percentuale stimata tra il 3 e il 5% delle domande ora presenti nelle graduatorie.

Ed è importante che l’intervento si faccia carico non solo delle abitazioni ma anche dei quartieri in cui si situano, guardando alle prospettive di sviluppo locale che si possono aprire”, si precisa.

L’altro messaggio fondamentale è che “questo obiettivo può e deve essere raggiunto senza ulteriore consumo di suolo, partendo dal recupero e dal riuso del patrimonio edilizio esistente e dismesso, privato e pubblico, aggredendo così anche uno tra i primi fattori di degrado nelle nostre città. I dati Istat – si precisa – parlano di un numero che si aggira tra 1 e più di 2 milioni di edifici abbandonati su 40 milioni. A questo fine, sono state indicate quattro leve da utilizzare: riadattare, riqualificandole, le abitazioni ERP alle nuove dimensioni dei nuclei familiari; recuperare il patrimonio pubblico dismesso e inutilizzato, operazione non semplice ma, come dimostrato da diverse esperienze, fattibile in presenza di una forte volontà politica; recuperare il patrimonio privato inutilizzato, attraverso la leva della fiscalità, rendendo oneroso, al pari di molti paesi europei, il mantenimento di case vuote e sfitte; diffondere e rendere più sistematico l’autorecupero”.

Quanto sin qui descritto, conferma ciò che abbiamo riscontrato nell’approfondita analisi sulle politiche abitative previste nel PNRR, svolta dal Centro documentazione della CARITAS nazionale “CASA E ABITARE NEL PNRR. Analisi e prospettive”, pubblicata sul NUMERO 1 | MARZO 2022  dei “Quaderni sulla Ripresa e Resilienza del Paese”, ovvero la mancanza assoluta di volontà politica del governo di intervenire con un nuovo piano di edilizia pubblica e popolare (a consumo suolo zero) in questo paese, per affrontare in modo strutturale e non emergenziale la questione abitativa, che si aggrava sempre più e come si è visto, non solo in conseguenza degli sfratti in essere, che non hanno una risposta adeguata precisamente una ricollocazione “da casa a casa”, così come prevedono tutte le direttive degli organi anche internazionali (v. Nazioni Unite, UE…) e le stesse sentenze prodotte sull’argomento dalla Corte Costituzionale.

In conclusione, da quanto si incomincia a intravedere nel dibattito politico in corso in questa nuova campagna elettorale, il “diritto alla casa” continua a non essere previsto in agenda, e non solo quella “Draghi”, ma entrerà, a prescindere, con la forza dirompente di uno “tsunami” in autunno.

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